ICONOCLASTIA

L'iconoclastia nella storia Cristiana rappresenta una importante forma di eresia, in cui si contrappongono teologia e politica, ma seguiamo il discorso dal principio:

La venerazione ed il culto delle immagini sacre (icone) tra l'VIII e IX secolo d.C. raggiunse proporzioni di un vero proprio fanatismo, tanto da far preoccupare le autorità ecclesiastiche, convinte che i fedeli fossero diventati adoratori delle sole immagini sacre e poco della teologia, così si dava inizio alla predicazione della loro distruzione.

PREAMBOLO - Per gli icononuli (adoratori di immagini) la rappresentazione di Cristo è un inno centrale del Cristianesimo, che è incarnazione. Vietare la raffigurazione di Cristo significa voler negare che Cristo è Uomo, entrato nella storia, vissuto in mezzo agli uomini e morto sulla croce come Dio e come Uomo.

L'iconoclastia si innescò anche per la crisi politico-militare che nell'VIII secolo attraversava l'Impero Bizantino, questo preoccupava l'Imperatore in quanto credeva che il suo ruolo venisse declassato rispetto al grande potere che possedevano i monasteri. 
I monasteri possessori di importanti icone accumulavano ricchezze grazie al continuo pellegrinaggio, perciò la distruzione di queste immagini fu una scusa per rimarcare la centralità dell'Imperatore.
In questo contesto si insinuò anche il popolo che continuava a unire devozione e immagini sacre, così a partire dal 726 d.C. anche l'Imperatore Leone III l'Isaurico si convertì definitivamente al movimento iconoclasta e cominciò sotto il suo benestare la persecuzione degli iconoduli, quindi alla distruzione degli icone (fig.1).
La politica intrapresa fu anche quella di chiudere monasteri e chiese ribelli, e tentò di imporre anche alla chiesa di Roma la distruzione delle immagini sacre.
Papa Gregorio III insieme al Patriarca Germano si ribellarono a tale imposizione giunta dalla corte di Bisanzio, così tra le due chiese (Latina e Ortodossa) si impostò il primo passo verso una profonda crepa nei rapporti, quindi, complice l'Imperatore Bizantino la Chiesa Romana-Latina si distaccò.
La rottura tra la corte Imperiale e la Chiesa di Roma culminò nella confisca (731 d.C.) da parte dell'Imperatore bizantino del Patrimonium Sancti Petri al Papato, ovvero l'insieme di beni immobili (soprattutto vasti latifondi agricoli) sparsi tra Calabria e Sicilia (provincie bizantine).

Nota: le aree del Patrimonium Sancti Petri versavano una parte di tasse al Papato di Roma, perciò con la confisca tutto questo si annullò.

iconografia che rappresenta un atto di iconoclastia - codice miniato IX secolo d.C.

Anche con l'ascesa del nuovo imperatore Costantino V (figlio di Leone III l'Isaurico) nel 741 d.C. si confermò la politica di persecuzione contro gli iconoduli, e proprio lui nel 741 convocò a Hieria un sinodo, in cui affermò esplicitamente la condanna al culto delle immagini e soprattutto continuò ad ordinare la loro distruzione, scatenò anche una persecuzione contro gli ordini religiosi, soprattutto i monasteri.
L'imperatore si impossessò del ricco patrimonio dei monasteri e la lotta contro le immagini diventò una lotta contro la potenza monastica, a questo punto i possedimenti confiscati appartenuti alla Chiesa incrementarono il tesoro imperiale.

Perciò è opportuno dire che, il pensiero dell'Imperatore Costantino V era prodotto da motivi materiali e terreni.


moneta bizantina con effige Imperatore Costantino V


L'effetto dell'Iconoclastia sull'arte bizantina è stato devastante e ha portato alla distruzione di infinite raffigurazioni sacre, tra cui capolavori d'arte e tanti codici miniati, e tra le opere che avrebbero avuto la stessa sorte vi era il Codex Purperos Rossanensis (figura sotto), trattasi di un importante evangelario del VI secolo d.C., arrivato a Rossano per scampare alla distruzione.


posizione di Rossano dove è custodito l'evangelario
panorama di Rossano

Il fenomeno preponderante dell'iconoclastia fu la fuga di molti monaci dai territori orientali dell'Impero, inizialmente dalle zone della Turchia e da aree Balcaniche, scegliendo di rifugiarsi in Calabria in quanto insieme al sud Italia rappresentavano terre di pace e di eredità culturale greca. Tale fenomeno si accentuò con le continue scorrerie dei Musulmani avvenute tra VIII e IX secolo d.C. nel Mediterraneo, perciò la fuga di gruppi di eremiti avvenne anche dalla Siria, area palestinese ed Egitto.
Per concludere, tra IX e X secolo d.C. molti monaci fuggirono anche dalla vicina Sicilia, ormai in mani Arabe.
La Calabria grazie al suo paesaggio montagnoso e poco antropizzato, permise di creare monasteri, eremi e chiese su alture ed in anfratti, dove i monaci potevano pregare e meditare nel silenzio sentendosi più vicini a Dio (figg.2).

Nelle figure sottostanti sono raffigurate alcune delle più importanti grotte sparse sul territorio calabrese...., ricordate che dallo Stretto al Pollino ne esistono numerose.....
Calabria nascosta ed affascinante...., PAESAGGIO BIZANTINO


figg.2 - entrata ed interno grotta eremitica del IX secolo d.C., nei pressi di Rossano
(foto Gennaro Mercogliano)

fig.2.1 - eremo Maria della Stella a Pazzano (foto FAI)

Fig 2.2 - Chiesa rupestre a Scalea (CS) IX secolo


Santuario a Praia a Mare IX-X secolo d.C. (Foto FAI)

eremo Santa Maria di Monte Persano X secolo d.C. a San Lucido (Cs) 


Dott. Giuseppe Lombardo

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